Intervista a Michael Ajerman nel suo studio di Londra
31 Gennaio 2021 – Tempo di lettura: 1 min
Intervista a Michael Ajerman nel suo studio di Londra
Gennaio 2022
Abbiamo intervistato Michael Ajerman ( New York 1977), artista che vive e lavora tra Londra e New York, sul percorso internazionale del suo lavoro recente e passato
D: Michael sono passati quasi 10 anni da Unexpected la tua mostra curata da Antonio D’Amico nelle Gallerie Marcorossi artecontemporanea. La Galleria ha continuato a seguire il tuo percorso che ti ha visto esporre nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Cina e in Germania. Ci racconti come si è evoluto il tuo lavoro in questi anni?
R: Quando penso a Unexpected mi viene in mente l’immagine di un dettaglio, come una figura o un oggetto collocato nello spazio. C’erano delle eccezioni, ma nel complesso questa era la regola del gioco. Da allora, l’evoluzione più grande è stata la scelta consapevole di introdurre un elemento, una variabile o un aspetto in più all’interno dell’opera. Una figura o un oggetto aggiuntivo nella composizione. Per me era evidente che fosse necessario affrontare ed esplorare nuove aree da cui mi sentivo attratto.
Colore e luce sono i punti focali del lavoro di Michael Ajerman
D.: Guardando il tuo lavoro sul tuo sito web e sui social network si capisce che la tua ricerca sul colore e la sua saturazione continua. Puoi parlarci dell’uso del colore nei tuoi lavori?
R: Se penso a un’immagine o sono attratto da un’immagine, il colore è inseparabile da essa. È il nucleo, è la materia atomica dell’immagine. L’obiettivo è cogliere una rappresentazione più forte del materiale di partenza, immaginando il colore come note musicali. Scelgo gamme di colori specifiche che portano a forti armonie o viceversa altre gamme con stridenti disarmonie. Queste scelte sono intuitive. Rivivere un momento è impossibile. Essere più sensibili nei confronti del colore può portare a un rafforzamento delle sensazioni desiderate.
D: Abbiamo la sensazione che la ricerca per il tuo lavoro sia basata sul colore e sulla luce, e che questi siano i capisaldi di opere che non sono mai convenzionali, giusto?
R: Prima d’ora, non avevo mai considerato i miei lavori “non convenzionali” come affermate. Sono contento di questo. Effettivamente sto cercando di rendere il mio lavoro sorprendente, quindi è possibile che venga interpretato così proprio per questa ragione. Quando realizzo un dipinto, non so con certezza che cosa rimarrà del mio pensiero e dell’idea iniziale una volta terminato. La questione della luce è una costante che considero sempre e che sembra danzarci assieme: il colore conduce, ovviamente.
Michael Ajerman parla dei soggetti e del suo metodo di lavoro
D: I tuoi lavori raccontano momenti quotidiani, a volte neutri e apparentemente banali, a volte inquietanti. Puoi parlarci di cosa ti ispira e di cosa vuoi raccontare attraverso i tuoi lavori?
R: Voglio chiarire una cosa: noi e la nostra vita siamo i soggetti del mio lavoro. Questi soggetti hanno in sé un potenziale e un carisma tale che li rende grandiosi e affascinanti. In effetti siamo glamour e grandiosi.
D: Le immagini che dipingi, partono dalle fotografie?
R: Non parto mai dalle fotografie.
D: Il tuo dipingere è prevalentemente gestuale. Usi disegni preparatori o dipingi direttamente?
R: Posso fare un disegno prima, durante o dopo di qualcosa che mi interessa e mi attrare. Il disegno mi aiuta a realizzare alcune forme e a elaborare i colori che poi esplorerò in studio. Raramente lavoro partendo dal disegno, a volte loro restano a casa. Nel dipinto, il mio desiderio è di rompere il disegno o l’architettura iniziale della composizione. Questa reazione porta a segni gestuali vitali che aiutano il dipinto a un percorso inaspettato e sconosciuto, con l’obiettivo di diventare interessante nel suo insieme.